Incipit videoludens – Dodicesimo movimento – La tragedia!


Il Tommaso di cui sotto si rese una volta protagonista di un episodio alquanto splatter che rimase indelebile nella mia memoria per gli anni a venire, quasi a monito al non andare al di la dei propri limiti fisici. Limiti fisici spesso evidenti di Tommaso che, da buon intellettuale qual’era, non mancava di esibire. Ma in questo caso si andava oltre. Sta di fatto che un giorno nel goffo tentativo di semi-scavalcare la rete di recinzione che separava le due proprietà per passare qualcosa a un altro ragazzino rimase infilzato da un’estremità acuminata della rete stessa.

Probabilmente mentre cercava di salire un piede fece cilecca e rimase infilzato nello spazio tra il mento e l’inizio del collo. Io che in quei momenti ero in casa sentì un gran grido di terrore venire dal giardino, mi affacciai dal portone di casa e vidi la scena raccapricciante. Tutti gridavano, il mio cuginetto e un’altro bambino nonché Tommaso tra il penzolante e il saltellante che cercava di liberarsi. Quasi istantaneamente giunse il padre a larghi balzi allarmato dalle urla.

Ci volle non poco per liberarlo da li ma ricordo che il padre lanciò nella nostra direzione uno sguardo carico d’odio come a sottintendere che era in parte colpa nostra dell’accaduto. Uno sguardo che non dimenticai per parecchio tempo e che mi insegnò che spesso si vieni incolpati ingiustamente solo per trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Da quell’episodio le nostre frequentazioni si diradarono sempre più. Forse il padre non era contento di far uscire il suo figliolo con una schiatta furibonda come noialtri ma non avemmo nemmeno l’occasione di spiegargli che poi noi non si era così male.

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Incipit videoludens – Ottavo movimento, il ladro


Per un breve periodo io e il ragazzo del Mahjong ci frequentammo. Anche se non proprio in maniera assidua, però ciò non toglie che il nostro rapporto nato a suon di gettoni in sala giochi si reggeva autonomamente. Anche perché incontrarsi e scambiare due chiacchiere sull’ultimo sparatutto o platform che fosse era diventata un’esperienza giornaliera. Non di rado si usciva dalla “sala” pure per fare qualche scorribanda metropolitana. Non mi importava che egli avesse dimostrato platealmente di essere un piromane inveterato, nonostante tutto mi stava simpatico lo stesso.

Ma a breve sarebbe accaduto un evento che mi avrebbe fatto cambiare idea su di lui. Un giorno ci recammo dal tabaccaio del centro città per non ricordo quale commissione. Mentre la signora era intenta sul retrobottega egli in maniera fulminea mi disse :”Prendi quella gomma!”. Riferendosi a una gomma da cancellare che si trovava in bella vista sul bancone. Io con fare interrogativo lo guardai cercando di afferrare quel che aveva intenzione di comunicarmi.

“Prendi quella gomma allora!”, ripeté nuovamente. A quel punto la sua richiesta era molto chiara. Ma che diavolo era, una sorta di prova? Tra l’altro perché dovevo rubarla IO? Mentre le domande si affollavano mi venne in mente che avevo in tasca i soldi necessari e quindi manifestai la cosa al mio amico. Non feci in tempo a terminare il concetto che egli in uno scatto prese la gomma esposta se la infilò in tasca e con uno scatto felino uscì dal negozio in un lampo.

A quel punto uscii di corsa anche io e presi a cercarlo nei paraggi, ma di lui nessuna traccia. Di certo quella esperienza instillò in me molto interrogativi. Io che ero stato educato da mamma in stile vittoriano, apprensiva e ligia delle regole non potevo capacitarmi di un comportamento del genere. Oggi guardandomi dal di fuori, per il ragazzino che ero, posso solo sorridere di quanto fossi ingenuo, ben educato e riservato all’epoca dei fatti. Caratteristiche che mi rendevano tutto sommato molto più centrato e deciso di quanto non lo posso essere oggi.

Incipit videoludens – Settimo movimento, il piromane


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Io in sala giochi ci andavo per giocare con i videogiochi ma evidentemente non tutti erano dello stesso avviso. Frequentando per un certo periodo gli stessi ambienti fumosi capitava anche di fare amicizia e di conoscere un ragguardevole numero di casi umani da far invidia a un bestiario medievale.

Un giorno conobbi il figlio del gestore della sala, a prima vista un ragazzino pacato e dai modi educati. Condividevamo la stessa passione per i coin-op in voga in quel periodo.  Lui mirava ai giochi più mentali tipo Tetris o il Mahjong, io ero propenso più all’azione e alla ultraviolenza. Sta di fatto che diventammo amici nel momento in cui si passa per quella fase adolescenziale in cui qualsiasi cosa si ha per le mani può diventare pericolosa, da una penna Bic a uno Zippo.

Improvvisamente un giorno egli tirò fuori da una tasca del bomber un pacchetto di cerini. Pensavo volesse provare a fumare o accendersi un raudo ma la sua mente improvvisò qualcosa di ancora più subdolo. Si era di Maggio in zona del lungomare e fuori dalla sala giochi c’era un bel mucchio di sfiuto di pioppi accumulatosi in un angolo tra una palazzina e l’altra formando una specie di suggestivo manto nevoso.

Di punto in bianco senza dare spiegazioni l’amico con rapido gesto accese il cerino e lo lanciò in mezzo al cumulo che prese fuoco istantaneamente con una fiammata. Non ebbi il tempo di dire nulla che la fiammata si era estinta lasciando sul terreno dei detriti abbrustoliti. Rendendoci conto che nessuno dei passanti si era accorto di nulla, abbassammo lo sguardo cercando di allontanarci il più presto possibile dal luogo del misfatto senza proferire parola. Ritornammo solo a sera quando fummo sicuri che suo padre fosse stato più distratto dall’affluenza di gente nel locale che dall’occuparsi di noi.

Quell’esperienza mi insegnò molte cose. In primis, a non fidarmi delle apparenze, ovvero che se uno gioca a Mahjong non vuol dire che sia per forza un secchione irreprensibile timorato da Dio. Ma anzi credo che egli abbia sviluppato la sua indole criminale anche grazie a puzzle game simili al Mahjong!

Incipit videoludens – Sesto movimento


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Riparto da qui con la mia saga dedicata alle mie esperienze videoludiche lasciata indietro molto tempo fa, ma che ora desidero riprendere anche per dargli una struttura organica, visto che si tratta di episodi dipanati in più post! In fondo alla pagina ci sono i link relativi a tutti gli episodi, per quelli che si vogliono male!

Un ricordo indelebile è quello di quando mio padre mi regalò il primo personal computer, ovvero il mio Commodore64. Da quel giorno tutto cambiò. Prima di allora avevo posseduto soltanto sgangherate console primitive che permettevano solamente di giocare a rudimentali ping pong sparando palline a destra e manca per lo schermo. Ora avevo invece il potere nelle mie mani e potevo vantare anche di un discreto numero di giochi visto che avevo acquistato tutto il pacchetto da un mio amico che migrò all’Amiga 500. Per la modica cifra di circa 500 mila lire mi ero aggiudicato un lotto irripetibile che comprendeva: Il Commodore vero e proprio, un monitor, circa un centinaio di giochi piratati in dischetto, una cinquantina di giochi in cassetta, un mangiacassette( rigorosamente da tarare), un lettore per dischetti, 2 Joystick Albatros, un Reset e 2 o 3 giochi originali in cartuccia!

Con questo armamentario da serial killer ero pronto a sfondare ogni record di permanenza davanti allo schermo, a chiudere ogni contatto con la vita mondana e a causare per i mesi successivi non poche preoccupazioni da parte dei miei genitori …

 

Incipit videoludens – Quinto movimento


Commodore64Parallelamente alla mia attività da giocatore da sala-giochi io e un mio compagno di merende portavamo avanti la nostra carriera da utenti “casalinghi” di videogame. Non è che ci fregiassimo di alcun titolo ma eravamo una sorta di conciliabolo carbonaro, una pseudo-setta dedita al videogioco composta da due elementi, io e lui. Mi appoggiavo totalmente alle sue iniziative in quanto lui era il mio Gran Maestro .

A parte il fatto che fosse più grandicello di me, e già questo di per sé lo facevo un Maestro, ma il fatto era che lui era sempre super aggiornato sulle novità del momento. Aveva allestito a casa sua una sorta di Santuario del videogioco con poster, riviste e quant’altro. C’erano cassette, cartucce, floppy disk  sparsi sul letto e a volte anche a terra tanto che si camminava su uno strato scivoloso di vecchi giochi che aveva passato al vaglio ed evidentemente scartato.

Protagonista all’epoca era il Commodore64 con cui smanettavamo a volte anche per giornate intere sotto la flebile luce che filtrava dalle persiane chiuse. Alle volte uscivamo dalla nostra esistenza crepuscolare e ci dedicavamo alla vita sociale,  ma non troppo, quel tanto che basta per uscire e andare nel vicino negozio di Personal Computer e scartabellare le ultime uscite. All’epoca non si badava troppo all’uso eccessivo del computer, si era in un periodo di scoperta, alle frontiere di un nuovo passatempo e noi ci eravamo tuffati anima e corpo in quella attività spendendo la quasi totalità del nostro tempo dietro il monitor.

I giochi poi potevano essere dannatamente frustranti. Capitava per esempio di dover schiattare con l’ultima vita all’ultimo boss dell’ultimo livello e dover ricominciare tutto da capo, caricamento incluso. Ogni tanto faceva capolino nella stanza la madre del mio amico che, a seconda dei casi, poteva portarci una fetta di pane col prosciutto con Coca Cola o una crostata di prugne e susine. Noi eravamo così presi che spesso la scambiavamo per un boss di fine livello e provavamo ad accopparla con una bella combo, ma quella non schiattava mai.

continua …

Incipit videoludens – Quarto movimento


new zealand storyForse New Zealand Story è stato in assoluto il gioco in cui ho speso più gettoni. Spendevo così tanti gettoni, che non avendo tempo per terminarli al bar li portavo pure a casa. Un giorno entrai al solito bar e scoprii con terrore che avevano eliminato il modesto sparatutto con navicella con visuale dall’alto. Al suo posto un titolo pieno di simpatici animaletti saltellanti tra cui una specie di pulcino giallo (che in realtà era un Kiwi).

In un primo momento non presi su serio New Zealand Story poi vidi che anche gli altri avventori iniziavano a tirarci su bestemmioni a non finire! In pratica il gioco era il classico platform game a scorrimento orizzontale ma giocarci arrecava una certa soddisfazione mista a una certa dosa di sadismo visto che si andava a infierire con il proprio archetto a una serie di creature abbastanza “cucciolose” e per certi versi inermi.

Inoltre credo sia stato uno dei primi giochi in assoluto, dopo Bubble Bobble, ad inserire personaggi volutamente “pupazzosi” in stile cartoon. Anche se questo può al giorno d’oggi apparire un particolare di secondaria importanza all’epoca era una vera rivoluzione stilistica non da poco. Poter frullare o massacrare inermi creaturine intente a passeggiare per le loro piattaforme era un’esperienza da provare assolutamente. In ogni caso tutto questo mi fa venire in mente Creatures, ma credo che a Creatures dedicherò un post apposito!

Ero talmente infatuato di NewZealand Story che una volta mi capitò per le mani una versione per il Commodore64. Credendo di aver trovato lo svago definitivo decisi di ritirarmi quindi a vita privata in una sorta di crepuscolo digitale creato dal mesto crepitìo del monitor del mio computer. Ma una volta caricato il gioco (rigorosamente in cassetta) lo sconforto ebbe la meglio. Nulla di quell’ammasso di sprite cubettosi aveva la benché più minima somiglianza con il simpatico Kiwi giallo conosciuto nel fantastico coin-op originale.

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Incipit videoludens – Terzo movimento


Space Ace

Ci sarebbe comunque da scrivere un reportage per ogni sala giochi che ho frequentato. Hanno tutte le proprie storie e i propri aneddoti, in una città poi, come la mia, dove avevano attecchito parecchio. La mia vita da videogiocatore si svolgeva in una sorta di “trasfert”. A casa ero un ragazzino di media cultura, ben educato e ben nutrito.

Una volta in sala giochi lasciavo alle spalle la mia identità per trasformarmi in una macchina da arcade! Ma non solo io, ma tutti quelli che come me avevano la passione per i cassoni della “sala”.

Oltre alle sale giochi vere e proprie si poteva giocare per esempio nei “bar” che si erano arresi alla torbida logica dei passatempi videoludici. A quanto pare rendevano parecchio e alcuni locali sacrificavano parte dell’arredo interno, come vecchie madie in legno pregiato o antichi vasi della dinastia Ming per far spazio a questi cassonetti elettronici dal gusto discutibile. C’era poi chi era stato costretto a vendersi mezzo locale per acquistare le propria rosa di giochi.

In ogni caso giocare in sala giochi e nel bar erano due esperienza totalmente differenti. Al bar c’erano le “compagnie” composte da individui che in gran parte se ne fregavano dei videogiochi, al massimo ci scappava qualche partita al Tetris aspettando la tipa per pomiciare. Queste persone erano semplici “avventori” del luogo che si ritrovavano al Bar per poi partire per altre scorribande. Io invece ero un “giocatore” nella più classica accezione del termine, ero un uomo con una missione!

Nessuno poteva fermarmi, non mi trovavo li per semplice svago ma per adempiere ad un destino! In realtà ero sempre super-occupato con qualche gioco del momento e poco mi curavo della realtà fenomenica che mi attorniava. Sarebbe potuta venirmi incontro una strafiga con le tette al vento e probabilmente sarei rimasto immutabile a giocare a Space Ace.

Incipit videoludens – Secondo movimento


Chase-hq

Se getto uno sguardo indietro verso la mia carriera di videogiocatore da sala giochi credo di essermi perso dei giochi degni di nota ma di aver allo stesso tempo cavalcato alcune mode del momento. Per quello che riesco a ricordare la mia evoluzione iniziò da piccolo, anzi parecchio piccolo. Mia madre infatti deve avermi proposto di giocare in un bar, o qualcosa del genere. Forse non sapendo più che pesci pigliare con me.

Ricordo però il luogo della mia prima partita. Si trattava di un bar, un tempo considerato malfamato, (e che in seguito ha goduto invece di un’epoca aurea di fighettismo), frequentato da impareggiabili nottambuli e alcolizzati mattutini. Dovevo essere molto piccolo in quanto ricordo che seduto sullo sgabello i piedi non toccavano terra.

In ogni caso la responsabilità di tutto quello che avvenne dopo è da attestarsi su mia madre che diede il via al viaggio verso i tetri abissi del videogame. Vaghe rimembranze e ricordi frammentati riguardo il primo gioco in assoluto, era certo però un gioco con degli ascensori e degli omini che si spostavano da un livello ad un’altro. Il tutto molto cubettoso. Gli avventori erano dei più disparati, dall’amico blasfemo, ad altri ragazzi sempre più grandi di me. Deve essere allora che imparai ad apprezzare il gusto delle amicizie con persone più grandi. C’era sempre qualcuno alle macchinette, e se finivo i gettoni mi mettevo a guardare la partita di un’altro. All’epoca usava così, infatti non era raro incontrare un capannello di gente attorno al gioco del momento che osservava con sguardo meravigliato le gesta eroiche del giocatore più cazzuto!

In questo bar ho mosso i miei primi passo alle prime gloriose partite. All’epoca andavano di moda gli arcade sparatutto con visuale dall’alto con per protagonista la navicella o l’elicotterino di turno a fronteggiare orde di nemici che spuntavano da tutti i cantoni. Bisognava essere lesti con i pulsanti e si rischiava il crampo o la sindrome da tunnel carpale ogni volta che si affrontava una partita. C’erano giocatori molto abili che riuscivano a spingere il pulsante una media di 36 volte al secondo. Era una sfida molto “fisica” all’epoca. Ogni tanto si vedeva un cassone rattoppato alla meno peggio per colpa degli strattoni o dei calci che il giocatore sferrava durante il gioco, e c’era chi andava appositamente con le Cult dalla punta d’acciaio per fargliela pagare!