La Saga di Korvac – Ultime letture


Tratto da Wikipedia:

Michael Korvac è un tecnico dei computer originario dell’universo alternativo di Terra-691. Quando il sistema solare viene invaso nel 3007 dagli alieni Badoon, Korvac tradisce il genere umano e si unisce agli invasori. Dopo essere stato sorpreso a dormire sul lavoro, i Badoon per punizione fondono il suo corpo con una macchina, rendendolo un cyborg.

Successivamente viene mandato indietro nel tempo dal Gran Maestro dell’universo, il quale voleva arruolare Korvac per combattere Dottor Strange e i Difensori.

Korvac perde di proposito il combattimento in modo da poter analizzare il potere cosmico del Gran Maestro. Dopo aver ottenuto delle nuove abilità dalle analisi, Korvac uccide i Badoon e pianifica la conquista dell’universo. Korvac recluta un gruppo di alieni chiamati Minions of Menace e tenta di far diventare il Sole della Terra una nova, ma viene sconfitto dai Guardiani della Galassia e il dio del tuono Thor.

Korvac viaggia attraverso lo spazio-tempo, finendo nell’universo Terra-616. All’arrivo scopre l’astronave di Galactus. Nel momento in cui cerca di scaricare la conoscenza di Galactus dall’astronave, viene inondato dal potere cosmico assumendo le sembianze di una divinità. Si crea una forma perfettamente umanoide. Atteggiandosi come un terrestre di nome Michael, si reca sulla Terra con l’intenzione di farla diventare una sua utopia. Ma, nel frattempo, viene inseguito dai Guardiani Della Galassia, che, per fermarlo, uniscono le forze con i Vendicatori.

Uno dei Guardiani, Falco Stellare, trova Korvac: i due ingaggiano un combattimento segreto. Korvac disintegra Falco Stellare per poi riportarlo in vita ma privo dell’abilità di percepire la sua presenza. L’anziano dell’universo, Il Collezionista prevede l’arrivo di due esseri in grado di sconfiggere gli antichi (Korvac e Eternal), per cui rende sua figlia Carina un essere molto potente da usare contro di loro. Dopo che Carina incontra Korvac, i due si innamorarono. Il Collezionista viene sconfitto dai Vendicatori dopo aver fallito il tentativo di collezionarli e proteggerli da Korvac, il quale dopo aver scoperto il piano dell’antico lo disintegra.

Iron Man rintraccia Korvac in un quartiere residenziale in Forest Hills Gardens nel Queens, New York I Vendicatori, aiutati dai Guardiani Della Galassia, affrontano Korvac e Carina, che, nel frattempo, avevano assunto l’identità di una coppia appartenente al ceto medio. L’inganno di Korvac viene rivelato quando Falco Stellare non riesce a vedere l’uomo chiamato Michael. Sapendo di essere stato scoperto e che entità come Odino e l’Osservatore sono consapevoli della sua esistenza, Korvac è costretto a combattere.

Korvac sconfigge molti eroi, finché non viene colto alla sprovvista ed indebolito da Captain America e Wonder Man. Anche se riesce ad ucciderli, Korvac viene ulteriormente indebolito dall’attacco combinato di Thor, Iron Man e Falco Stellare. Sentendo che Carina dubita di lui, Korvac si suicida. Carina, furibonda, attacca gli eroi rimasti per poi venire uccisa da Thor. La battaglia è osservata da Dragoluna, che comprende che Korvac voleva aiutare l’umanità, nel momento in cui, prima di morire, ha resuscitato sia i Vendicatori che i Guardiani.

Arte povera #1


Giovanni Anselmo – Scultura che mangia – 1967

Le prime manifestazioni di Arte Povera, già battezzate dal critico genovese Germano Celant con questo nome, appartengono al 1967-68 e implicano una gestazione di almeno un paio d’anni, che antedatano al 1965-66 le prime operazioni artistiche in tal senso. Esse furono condotte principalmente da un manipolo di artisti torinesi o residenti a Torino (Anselmo, Boetti, Penone, Merz, Zorio, Paolini) e da altri a loro vicini ideologicamente, come Fabro, Calzolari, Kounellis, residenti in altre città. Allora era ancora vivo Pascali, che fu invitato alle prime manifestazioni del gruppo, come lo scultore Icaro che più tardi se ne distaccherà. Se certe idee cricolanti tra questi artisti permettevano tra loro un’intesa, non esisteva un programma esplicito: il critico Celant sintetizzò per loro, nei suoi scritti, una serie di atteggiamenti comuni, precedenti o assolutamente contemporanei a manifestazioni analoghe che avrebbero avuto luogo in altri paesi europei o negli Stati Uniti.

Il termine “Arte Povera” nasce, in linea di massima, dall’uso dei materiali poveri (raw materials verranno chiamati nei paesi anglosassoni) che potevano essere di qualsiasi tipo: vegetale, organico, minerale, fino a una specie di tecnologia minima (neon, nastri registrati, fotografie, videotapes ecc.), usata non come affermazioni dei valori della nostra civiltà, ma come strumento banale, quotidiano (si vedano le lampadine di Pistoletto, i neon di Merz). Più polemicamente, in seguito, al termine “Arte Povera” verrà data una sfumatura supplementare di opposizione all’ ‘”arte ricca” rappresentata allora dal successo (anche commerciale) di certe “etichette”: la Pop Art o la Op Art, il Minimalismo, la Funk Art e anche gran parte dell’Astrazione Geometrica.

Come si è già accennato, questo atteggiamento sarebbe mutato in pochi anni; ma derivava, in quel momento, dal bisogno di affermare una corrente vitale e vitalistica, nomade, senza orizzonti di ricerca troppo definiti: una rivendicazione di libertà totale, un’ansia di novità le cui parole d’ordine erano nei testi di Celant, ancora desunte in gran parte dagli scritti teorici del Futurismo. La vera novità della gran parte di queste operazioni artistiche, era il fatto che le opere non erano “oggetti” nel vero senso del termine, ma piuttosto “processi”, che avevano un loro significato proprio per il fatto che “avvenivano” in un tempo definito o che dovevano essere in qualche modo “innescati” per rendere funzionante l’opera.

Una traccia del tuo passaggio


In Italia Franco Vaccari teorizzò l’uso della fotografia istantanea e del video come strumenti che permettevano di “catturare” l’azione in tempo reale: alla Biennale di Venezia del 1972 la sua sala personale conteneva solo una cabina per foto istantanee e la scritta sul muro: “Lasciate una traccia fotografica del vostro passaggio”. Durante i mesi di apertura della mostra si vide crescere sui muri una sorta di affresco spontaneo e collettivo costituito dai visi e dai gesti che migliaia di persone lasciarono a testimonianza del loro passaggio. In seguito Vaccari passò a studiare, più analiticamente, quello che chiamò “l’inconscio tecnologico” della fotografia: quella parte dell’immagine che sfugge allo stesso fotografo(la cui attenzione è direzionata mentre scatta) e solo l’impassibilità del mezzo sorprendentemente rivela.