Come fare


Come fare se la sera si torna stravolti dal lavoro e tutti ti chiedono attenzione? Una volta che vorresti franare in stato catatonico su qualche superficie morbida con le gambe all’aria si attiva l’interesse sulla tua persona a tal punto dal dover dire si a tutto e a tutti rimettendosi alla buona sorte sperando che tutto fili liscio. Ognuno al suo posto e io che occupo il mio, ovvero quello meno scomodo che posso trovare sul momento. Il minor attrito con il minor dispendio di energie!

1 metro di pioggia – La saga


Ripropongo qui di seguito nella sua interezza un mio racconto che mi accompagnò per svariati post qualche anno fa sempre sul mio blog. Leggete e godetene tutti!

Il sabato aveva tutti i presupposti per essere un sabato radioso, tranquillo, simpatico e soprattutto asciutto. Il sole illuminava i docili pendii del monte alle nostre spalle mentre si percorreva la statale a velocità sostenuta, muliebri cinguettii di pettirossi ci accompagnavano dolcemente alla nostra meta facendoci sognare di giornate assolate a rotolarci tra gli sterpi. Visioni vagamente pastorali prima di quello che si sarebbe trasformata in un’ecatombe di acqua, terra e fulmini. Sto parlando del mio sabato, passato al bancone di un bar con una birra media aspettando che spiovesse.

Ci stavamo godendo appieno la giornata che si prospettava come splendida. C’era in ballo questo appuntamento a una certa ora al parco sotto un certo gazebo del bar per aperitivo. Arrivati sul posto ci accorgemmo immediatamente che  il baccanale era in pieno svolgimento, la birra scorreva a fiumi il tizio del catering distribuiva pizzette ai presenti come fossero frisbee. Sotto la tettoia del bar era un gran fracasso musicale perché in quel momento avevano incominciato i suonatori, un complesso di guitti con pantaloni corti occhiali da sole e scarpe eleganti da passeggio. Con un’ora e un quarto di ritardo arriva l’amica della mia ragazza con il suo cavaliere visibilmente scosso, pensavo fosse solo un po di stordimento alla vista della mia barba allo stato brado. Invece forse presagiva la situazione che ci si sarebbe profilata di li a poco.

Notavo infatti che con fare furtivo continuava, come un comandante a bordo di una corvetta militare, a scrutare l’orizzonte, a saggiare la densità dell’aria, la direzione del vento. Stavo per chiedergli secondo lui in che direzione era il nord quando incontrai un mio conoscente che quella sera suonava proprio li sotto la tettoia, al ché capii che saremmo rimasti bloccati all’interno della festa finché loro non si fossero esibiti. Ma il buon Dio provvedette in altra maniera. Verso le 20.55 un forte vento iniziò a spirare da nord-est, il comandante di corvetta si era trasformato ora in un moderno Achab, vedeva il male dappertutto, incominciò ad avvisarci con velati messaggi di sventura riguardanti le condizioni atmosferiche. Disse che se le cose non miglioravano di li a cinque minuti se ne sarebbe andato. Disse che a costo di lasciare sola la dolce consorte lui avrebbe levato le tende perché le cose sarebbero volte certamente al peggio. Cercai di sdrammatizzare con una frase tipo Baci Perugina sulle mezze stagioni. Di li a poco scomparve e nessuno più lo vide.

Chiesi a quel punto alla mia lei di allontanarci un secondino dal fracasso della festa per renderci conto meglio delle reali condizioni del cielo che ad una rapida analisi si rivelò plumbeo come la morte e carico di fulmini e saette. Nel mio sfacciato ottimismo dichiarai che non c’era nulla da temere, si sarebbe trattato di un fottuto acquazzone pre-estivo e nulla più, risoltosi in una quindicina di minuti. Nulla di preoccupante quindi. Come in risposta alle mie parole le nuvole al di sopra le nostre teste iniziarono a riversare sulla tettoia litrate di acqua al secondo, le cateratte dei cieli si aprirono con gran fragore sul gazebo. A quel punto ognuno dei presenti iniziò a cogitare una scusa per potersene andare, chi andava a cenare la seconda volta, chi aveva la mamma ammalata scappava in gran fretta, chi aveva il turno serale e quindi proprio doveva lasciarci, la nostra amica decise che sarebbe andata in pizzeria a spararsi una quattro stagioni con picchio pacchio.

Io ero invece dannatamente bloccato dalla promessa fatta al mio conoscente di rimanere, qualsiasi cosa fosse successa! Volevo essere come Acquaman, trasformarmi in una nuvoletta di vapore acqueo e scappare non visto da quella situazione incresciosa. La situazione infatti faceva acqua da tutte le parti, come la tettoia sopra di noi. Iniziò infatti a piovere da ogni lato, dai fianchi e da sopra grazie a delle intercapedini che lasciavano filtrare l’acqua, ci accalcammo tutti come sardine verso il centro del gazebo mentre fuochi e fulmini ci saettavano attorno. Guardai la mia ragazza negli occhi e vidi una patina di disperazione sul suo volto! Decisi quindi per una birra media a testa con patatine.

Mentre mi ingollavo la mia razione di patate pensavo al fatto che ci stavamo perdendo nel flusso cosmico degli eventi, non avevamo a quel punto più presa su accadimento alcuno, sballottati, triturati, avviliti, come eravamo in quel momento. Eravamo alla mercè degli elementi primordiali senza possibilità di ritorno, probabilmente avrebbero trovato le nostre carcasse sotto 12 metri di terra tra un migliaio di anni, antiche e gloriose vestigia di un tempo che fu. Il solo pensiero di uscire all’aria aperta metteva alla mia lei una paura da cacarsi sotto. Ma dopo un’oretta di banco bar decidemmo di uscire ad ogni costo.

Verso la Libertà

Finita la scorta di patatine decidemmo di levare le tende ad ogni costo. Il barista aveva però chiuso accuratamente la porta, ma noi decidemmo pure di forzare il blocco. Il figuro si era dato da fare per barricare ben benino l’uscita e a questo scopo si era impegnato a sbarrare la strada con ogni sorta di materiale che il vento impetuoso gli aveva portato vicino, fusti di birra vuoti, tronchi d’albero, balle di fieno e quant’altro potesse evitare una fuga repentina.

Preso dallo sconforto a quella vista mi venne l’idea di prendere un bambino con il gelato in mano che stava passando accanto al banco in quel momento e usarlo a mò di ariete, non ci avrebbero presi tanto facilmente quindi ma ci avrebbero accusato comunque per maltrattamento di minore. Dopo essermi assicurato della presenza della mia ragazza, decisi per l’azione e allungando la mano al di là del bancone presi un caschetto da ciclista che stava accanto ai bicchieri. Lo calzai ben benino in testa. Il seguito degli eventi si susseguì in maniera forsennata, vuoi per la craniata che detti contro la porta di ingresso vuoi per la birra doppio malto che stava facendo effetto.

Comunque forzare il blocco non fu difficile, iniziai a caricare di gran velocità, riuscii con un balzo a passare i detriti depositati prima dell’ingresso e andai a cozzare in pieno contro la vetrata della porta che si aprì scardinando il lucchetto. Una volta accortasi della presenza di un varco la marea umana del bar iniziò a scalmanarsi d’un tratto. Anche chi mangiava ai tavoli si alzò in tutta fretta per poter uscire, io mi ero già guadagnato il primo posto del varco. Ero in pole e niente mi avrebbe portato indietro.

Allungai un braccio verso la mia lei ma la vidi che si stava liberando dalla presa del barista infoiato, dal passaggio filtrava una corrente maledettamente forte. Con uno strattone liberai la ragazza dalle grinfie del bruto assalitore che come un ragno morto stramazzò a terra con il vassoio a fianco. Feci appena in tempo a gridargli … “DI QUAAAA!” che fummo subito fuori, catapultati verso l’esterno come il risucchio di un immane imbuto.

La Grande fuga

Ci trovammo quindi subito fuori a correr all’impazzata tra la pioggia, cadevano gocce grosse quanto un Chiwawa. Mi vennero allora alla mente due cose: la scena iniziale di “Salvate il soldato Ryan” durante le prime fasi dello sbarco e la storia del tizio che riusciva a schivare le gocce di pioggia, anche io volevo essere come lui in un momento come questo. Mi vedevo infatti adepto di qualche disciplina orientale, di qualche confraternita segreta, un ninja furtivo e scattante, qualcosa di simile mi venne in mente.

Quello che riuscì ad ottenere fu solo una piccola storta in un’asperità del terreno mentre stavo correndo che mi galvanizzò a tal punto che cominciai a correre più veloce di prima lasciando indietro la mia ragazza. Mi girai ed in lontananza vidi le imposte del bar che avevamo appena lasciato che sbattevano furiosamente al peso della marea umana che stava cercando una via d’uscita, probabilmente  il barista era stato giustiziato sul posto ed ora i vivi pasteggiavano con il suo cadavere ancora caldo.

Girai lo sguardo per scacciare l’orrore quando all’improvviso inciampai su qualcosa di morbido che aveva le fattezze di un torso umano! Caddi in avanti ingoiando terra e detriti. Il torso non era solo un torso, era dotato di gambe e braccia. Probabilmente una goccia di pioggia straordinariamente grande era piovuta dal cielo e aveva fracassato il cranio del poveretto. Ma mi accorsi che il corpo aveva il capo ancora ben saldo sulle spalle.

Il poveretto aveva ingoiato troppa pioggia durante il percorso, ingerendo una tal quantità d’acqua lo stomaco doveva essergli esploso come un gavettone senza arrecargli però alcuna ferita esterna visibile. Il corpo del malcapitato iniziò a muoversi, probabilmente un’ultimo spasmo di morte prima della decisiva dipartita. All’improvviso mentre ero ancora a terra una mano mi afferrò per i pantaloni e mi trasse a sé, vidi la testa del cadavere con le sue labbra avvizzite che si rivolgevano a me con parole gorgoglianti: «… per di là! Prendete il mio mezzo!», e stramazzò al suolo come una merda secca.

Nonostante la pelle avvizzita, il volto cadaverico, le pustole e le varie ecchimosi che gli ricoprivano il viso riconobbi in un baleno lo sguardo terrificante del Capitano Achab! Egli aveva fiutato il pericolo ed era capitato tragicamente al centro della tempesta. In un lampo mi balenò la speranza di salvezza che il Capitano ci aveva donato, la sua morte non sarebbe stata vana. Iniziai a frugare nel suo corpo mentre la mia ragazza mi raggiunse proprio in quel momento, ora la fortuna sembrava deviare bruscamente dalla nostra parte, recuperate le chiavi un nuovo orizzonte di salvezza si sarebbe aperto. Ricominciammo la folle corsa verso l’auto del buon Capitano mentre lingue di fuoco ci lambivano d’appresso.

Ritorno a casa

La dipartita del buon Capitano aveva aperto sui nostri orizzonti strade non ancora percorse caratterizzate dalla felicità di veder palesate or ora le speranze di un ritorno a casa. In poche parole avremmo usato la macchina di Achab per scappare da quel maledetto inferno di acqua e fuoco. Ma se tra dire e il fare c’è sempre di mezzo “e il”, tra la nostra salvezza e la situazione in cui versavamo momentaneamente c’era un mare di merda. Io da parte mia da buon segugio di cacca come sono ero scettico che tutto si fosse concluso in maniera così semplice e spensierata (si fà per dire).

Sentivo ancora il puzzo marcescente della sventura e della disgrazia incombente. L’olezzo della morte era ancora davanti ai nostri passi, qualcosa di molto grosso che ancora non si era palesato.Un’avvenimento imprevisto poteva cambiare in un battibaleno il corso delle nostre vite! Infatti mentre correvo a perdifiato verso il parcheggio pestai una cacca enorme. Finalmente giungemmo al parcheggio che era tutto un pantano visto i litri di pioggia copiosa che stavano cadendo dal cielo, una gran quantità di macchine parcheggiate da far paura si trovavano qui. Io non avevo mai visto l’auto del capitano quindi mi fermai un’attimo per decidersi sul da farsi. Mentre pensavo notai lo stato pietoso del parcheggio, alcune auto stavano sprofondando nella melma, alcune stavano per essere inghiottite come nelle sabbie mobili e versavano in posizione verticale come delle immani baleniere pronte all’affondamento.

In dei punti il fango formava dei terribili gorghi roteanti che risucchiavano persone e ne risputavano le spoglie membra. Una visione raccapricciante di morte e spavento quando mi venne in mente di spingere il pulsantino della chiave per rintracciare l’auto del Cap. Una lucetta arancione baluginò tra la pioggia, presi per la mano la mia ragazza dirigendoci verso quella. Con mio sommo stupore l’auto del Capitano era una lussuosa Mini con tanto di sponsor, sulla sua sommità aveva una specie di enorme lattina messa per traverso, una sorta di totem rituale appartenuto alle antiche civiltà scomparse. Le rune sul totem recitavano a chiare lettere “Red Bull”. Salimmo sullo strano veicolo quando ci accorgendo accendendo i fari che il terreno attorno all’auto era devastato dai cadaveri di quelli che avevano perso la vita nel disgraziato diluvio. Avremmo dovuto passare con l’auto sui loro corpi, ero attanagliato da questo pensiero quando un braccio ruppe il finestrino assestandomi un cazzottone sullo zigomo sinistro. Nel girarmi scorsi la sagoma con il volto tumefatto di una creatura in via di decomposizione che ci stava attaccando, la mia ragazza era già stata tirata giù dal mezzo a suon di strattoni e urlava come una vecchia comare.

D’improvviso un lampo squarciò il cielo mostrandomi il profondo orrore in cui eravamo capitati, tutto intorno a noi le creature dell’oltretomba sciamavano dalle profondità dell’Inferno verso di noi, con passo insicuro e malfermo l’orrenda guarnigione della putrefazione si apriva la strada tra la terra, tra le zolle di terriccio e tra le pietre, ed erano solo per noi, erano giunti per scannarci e fare di noi il loro pasto. Possibile che il buon Achab ci avesse condotto in questo delirio di morte e disperazione? Dannai l’anima sua pensando a come vendicarmi quando una creatura mi spinse con tutta la forza di nuovo dentro il mezzo mentre cercava di mordermi il polpaccio. Inavvertitamente spinsi con il gomito un pulsante ben in vista sul cruscotto e il suono di un subitaneo scatto giunse al mio orecchio. La mia ragazza mentre combatteva con la sua creatura mi fece cenno con il dito! Qualcosa si era staccato dal mezzo. Sferrai un calcio in testa al morto che mi stava minacciando e mi sporsi all’esterno per scrutare quello che stava accadendo.

Il grosso totem cilindrico si era staccato dal tetto del mezzo ed era franato a terra con un gran tonfo, spezzandosi in due tronconi dal suo interno era iniziato a fluire fuori un terribile liquido dolciastro dall’odore insopportabile. In pochi secondi aveva già formato una grossa pozzanghera che aveva corroso la vegetazione circostante. In un baleno alla vista del liquido le creature iniziarono straordinariamente ad indietreggiare come impaurite, uno di loro sommerso dal liquido fino alle caviglie iniziò a contorcersi in spasmi prolungati di dolore mentre il liquido gli corrodeva i piedi, un fumo pestilenziale saliva dal corpo mentre il misterioso fluido faceva il suo terribile effetto.  Il gruppo si stava ora disperdendo. Come in preda ad una orrenda follia, i sinistri emissari dell’oltremondo ci stavano abbandonando. Tutto grazie al liquido infame. A quella vista strattonai per un braccio la mia dolce metà per riportarla in auto, premetti l’acceleratore a tavoletta e scappammo su per la statale imbarcando tre o quattro bestie.

Compleanni, quarantena e passatelli


passatelli

Oggi 9 Aprile è il compleanno della piccina. Piccina si fa per dire, dall’alto dei suoi 8 anni oggi deciderà le sorti della giornata scandita a suon di sessioni con il magico droide e scorpacciate a bocconi di tiramisù. Abbiamo fatto il tiramisù con i pavesini a cui applicheremo le candeline di rito. Non so quanti strati sono stati applicati al dolce, ho dato solo una fugace occhiata ma son certo che sia venuto bene. Oltre a ciò mia figlia, come il sottoscritto, è ghiotta di passatelli in brodo quandi credo che il menù propenderà verso quella direzione. Ne usciremo vivi? Poi vi faccio sapere …

 

Distrazioni


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Vivere in un ridente paesello collinare è un po come stare avulsi dal tempo e dallo spazio. In città ad esempio si continua con il solito tran tran quotidiano mentre qui è d’attualità la locale festa natalizia che si tiene ogni anno. Esci e la gente non parla d’altro. Stai a casa ma senti i suoni degli operai e volontari che lavorano distraendoti dalle tue attività.

E anche io non ce la faccio a fare altro… Tipo avrei da studiare, da riassettare casa, archiviare delle cose. Ma niente non riesco. Anche qui sul blog è iniziato pure a nevicare. Mia figlia mi chiede da un mese tutti i giorni se arriva Babbo Natale e se gli porta i regali! Insomma pensavo in un Natale discreto e poco ingombrante almeno quest’anno ma tutti i presupposti mirano al contrario!

Buona giornata babbi natali!

Caldo cinese


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Sabato sera. Un pochino incerti sul da farsi decidemmo dopo un giro nel centro città di imbucare il primo ristorante cinese per affrontare la cena. Sulle prime rimasi un po incerto non tanto per la natura etnica del ristorante quanto sul fatto che in quel posto preciso non ci fossi mai stato. Sono piuttosto scettico nel recarmi in posti che non conosco affatto essendomi ritagliato, almeno nella mia città, una rosa di luoghi appetibili selezionati dopo anni di esperienze. Ma va beh, mi dissi … tanto più o meno i ristoranti cinesi si somigliano tutti, uno vale l’altro.

Optammo quindi per quel luogo ma all’ingresso percepimmo al volo la situazione drammatica che si stava vivendo al suo interno. L’unica sala del ristorante consisteva in un angusto stanzino di 4 metri per 4 con una piccola finestra sul viottolo esterno. Una tenda separava l’ingresso dalla sala quindi appena entrati non ci accorgemmo della natura angusta della stanza. Ci scambiarono subito per qualcuno che aveva prenotato e ci diedero al volo un tavolo accanto ad una coppia di signori che parevano anche loro capitati li per caso.

Una volta seduti capimmo che avremmo dovuto cenare tête-a-tête con gli avventori seduti sul tavolo di fianco al nostro ma se il disagio fosse stato solo per quello sarebbe filato tutto liscio. L’elemento tragico della serata si rilevò invece essere lo sciagurato condizionatore che incombeva sulle nostre teste e che ci avrebbe tenuto compagnia per tutta la cena. All’interno della stanza credo si siano sfiorati i 60 gradi centigradi, tanto che a un certo punto decisi di chiedere alla cameriera di spegnere o quantomeno abbassare cortesemente il riscaldamento che veniva sparato da un tremendo bocchettone a circa 2 metri dalle nostre teste. Con un gesto brillante mi fece cenno di aver capito ma il riscaldamento però continuò a restare acceso.

Nel frattempo ci servirono l’acqua. Già era qualcosa perché con tutto quel calore ci si era seccata la gola tanto che non riuscivamo più a capirci tra di noi mentre parlavano. A qualcuno cominciarono a bruciare gli occhi. All’arrivo del mio pollo alle mandorle decisi di ritentare visto che la cameriera mi si accostò per servirmi il piatto. Dissi di spegnere il riscaldamento perché qualcuno cominciava a avere le visioni, come nel deserto. Mi fece il gesto dell’OK quindi mi tranquillizzai incominciando a mangiare la mia portata.

Portarono la birra ma io decisi di bere solo acqua viste le condizioni vaporifere che stavamo accusando. Evidentemente qualcosa era andato storto con la cameriera. O non ci capivamo o io ero così annebbiato dal calore da non riuscire ad esprimermi. Nel complesso però la tortura si rivelò breve perché tutti mangiarono a velocità della luce lasciando perdere caffé e dolce cercando l’uscita nel più breve tempo possibile. Una volta fuori mi ripromisi che da quel momento in poi … Mai più posti a casaccio!

Celebrazioni


followers

Non so in questo periodo sto andando in fissa con tutto ciò che è “servitore” di una causa, quindi anche fedele aiutante o assistente o meglio “scagnozzo” di qualche personaggio di livello più alto. Mi rifaccio quindi non di meno alla figura dei minions che ho pure installato sulla barra destra del mio blog! Il perché di questo non lo so ma devo correggermi assolutamente in merito alla mia dichiarazione di qualche post addietro dove ammetto di non avere minions al mio servizio, dichiarazione ora fuori luogo visto che al mio servizio ora ho ben 50 e dico CINQUANTA followers che si sorbiscono quasi giornalmente i miei deliri! Che poi alla fine non credo che questo bacino di followers siano lettori effettivi, come pure io non riesco a leggere tutti quanti i post che vengono scritti giornalmente ma faccio del mio meglio con il tempo a mia disposizione!

Sismologie


Di solito nel blog non parlo di attualità o di fatti di cronaca tranne oggi in cui lo farò. Lo farò perché mi informano del fatto che a circa un anno abbondante dal sisma nel centro italia non sono pronte le tanto rinomate “casine” che in pratica sono state promesse ai cittadini delle popolazioni colpite dal terremoto. Quello però che mi fa riflettere è il fatto che ad oggi “alcune” di queste siano pronte e già installate (tipo il 2% del totale) ma la quasi totalità dei terremotati sia al momento di fatto senza un tetto sopra la testa quindi appoggiati o da amici, parenti, strutture costiere o meno costiere oppure in roulotte. Quindi parliamo di situazioni “giornaliere” di disagio. Fermo restando che uno Stato che non si occupa, e anzi dimentica, i suoi cittadini non merita di essere chiamato uno stato civile come quale si fregia di essere l’Italia;ma l’elemento più inquietante di tutto questo è che non ci sono prospettive chiare alle quali volgersi, perlomeno al momento. Quindi su tutta la faccenda domina un crepuscolo generale fatto di ritardi, promesse, smentite ecc…Nel frattempo la politica si occupa bellamente di altro! Non si sa bene di cosa però quando sul territorio ci sono ancora persone che potenzialmente dormono all’addiaccio, macerie da sgombrare e casette da costruire.

Siamo fatti così? …


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Nel variegato panorama umano con cui spesso mi capita di interagire incontro non di rado personalità all’apparenza dotate di una certa solidità superficiale, spesso di uno spiccato senso pratico, che si fregiano di caratteristiche quali spontaneità, veracità, solarità, onestà di giudizio e altre che ad una rapida occhiata possono essere ritenute proprie di una persona tutta d’un pezzo, combattiva e reattiva. Una regola non scritta vuole che una persona di questo tipo esperisca il proprio temperamento in barba a chi gli sta intorno, quasi come se questi, in virtù del fatto che la personalità dominante si stia manifestando si sentano in obbligo di fargli fare o dire quello che essa voglia.

Mi riferisco a sparate del tipo: ” … che vuoi, io sono fatto così“, o “io le cose le dico in faccia!“, e via dicendo su questo tenore. Tutte espressioni messe in atto quasi a rimarcare il fatto che ci sono cose che non si possono dire, cose che non si possono fare, ma io in barba alle regole convenzionali, trovandomi in una posizione di superiorità assoluta, le sbatto in faccia al malcapitato di turno in più lodandomi per questo. Tutto questo ovviamente presuppone una ingenuità da parte del nostro ipotetico campione di sincerità che, in primis, si ritiene il detentore della Verità assoluta in merito a qualsivoglia argomento. Secondo, presuppone che certamente il suo interlocutore non sia arrivato alla medesima conclusione. Si sente quindi in diritto di sbandierare le proprie opinioni anche offendendo e dileggiando il prossimo.

Con questo atteggiamento volto alla reazione emotiva di solito riesce a catalizzare l’attenzione degli altri e non di rado a farne suoi strenui sostenitori. Mi salta subito all’occhio l’evidenza che egli sia invece schiavo delle sue reazioni incontrollate, che a seconda dei casi riveste di aggettivi come onestà, schiettezza, sincerità ecc … reazioni che scarica abusivamente sul prossimo di turno nel tentativo di trarlo dalla sua parte facendo leva sulla propulsione emotiva da lui emanata. Dalla sua schiera di seguaci inoltre egli trae energia per confermare di volta in volta le sue argomentazioni. Argomentazioni che da ora in poi saranno promulgate con fervore anche dai suoi fedeli minions che agiranno come forza congiunta. E così in un loop infinito!!!

Insomma ho fatto un gran casino con sto articolo ma spero che se ne capisca il senso, d’altra parte io non ho minions al mio servizio.

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Cosa significa crescere oggi? O meglio, cosa significa essere maturo oggi? Detto in soldoni oggi l’accezione di “maturo” o “persona adulta” si applica all’individuo che ha la capacità di sapersi destreggiare nel migliore dei modi nel mondo e nelle sue attività annesse e connesse al fine di garantire la propria sopravvivenza e quella dei propri cari. Il ché detto per inciso è una prospettiva assolutamente legittima e auspicabile nonché augurabile a chiunque.

E’ opinione comune considerare “adulto” un individuo che abbia raggiunto una sufficiente sicurezza emozionale che economica sia in materia di rapporti umani nei termini definiti dalle correnti consuetudini sociali, consuetudini che poi possono costituire carattere variabile a seconda delle situazioni. Quindi taluna persona abbia raggiunto un certo grado di sicurezza nei succitati aspetti esistenziali potrà fregiarsi dello status di persona adulta e aggirarsi per il pianeta considerando ancora “non maturi”  o maturandi chiunque non abbia raggiunto il suo livello di padronanza. E fino a questo punto più o meno possiamo essere tutti d’accordo.

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Ciò che invece venga considerata maturità all’interno del ristretto nucleo familiare al momento al momento non ci interessa in quanto in quel caso intervengono ulteriori dinamiche relazionali ed emotive che in parte non appartengono alla collettività e al suo operare. Posto che io non abbia nulla in contrario con una visione del tipo di quella sopra esposta occorre però operare dei distinguo nel tentativo di:

 

1: Non cadere in facili semplificazioni tanto care all’attuale civiltà che ci ha partorito sempre prodiga nel cercare una ricorrente omologazione massificata operata anche a spese del singolo individuo e delle sue legittime istanze.

2: Rivalutare la posizione esclusiva dell’individuo nella sua totalità a prescindere dalle consuetudini consolidate.

Detto questo però non posso ora non osservare il fatto (secondo quanto detto sopra in merito all’esigenza di crescere) di possedere le stesse aspettative esistenziali nonché ambizioni primarie del mio cane, di un gatto o di una falena. Visto che anch’essi seguendo il naturale istinto di sopravvivenza si prodigano giornalmente per taluni obbiettivi. Il ché mi porta quindi giocoforza a riflettere su quella che in realtà può essere considerata la reale e più plausibile “maturità” quella che viene riferita all’essere umano.

perils-of-plastic-ring-a-ding-ding-wea-2E’ possibile cioè che siamo nati solo per sgomitare, riprodurci, sistemare alla bene e meglio il nostro universo relazionale e andare a mangiare al Mac Donald? Il punto più alto della parabola è quindi questo?

Siccome sono pigro e ho fame risponderei di si, ma ho ancora un po di tempo a disposizione e mi permetto di affermare che l’uomo è nato per andare oltre a tutto questo. E’ suo diritto ad un certo punto elevarsi oltre le necessità relative alla sopravvivenza per ambire a qualcosa di più alto e gratificante. Questo si può fare solo sviluppando i propri talenti non mortificandoli come oggi si tende a fare.

Occorre ribaltare il mondo per riprodurlo a propria immagine, creando quindi il mondo ideale in terra. Siamo qui per incarnare il nostro ideale, il principio primo per il quale siamo nati anche a costo di porre in secondo piano la nostra stessa sopravvivenza. Chiunque abbia fatto questo secondo me può fregiarsi del titolo di uomo maturo.

A mio avviso  “l’uomo maturo” che ha in pugno le problematiche relative il mondo delle necessità a cui oggi si fa riferimento è una marionetta in balìa degli eventi. Uno starnuto e collassa su sé stesso, una grandinata e soccombe. Sempre che si riesca a mettere insieme un uomo del genere ci sarebbe sempre il rischio che un giorno si svegli e faccia a pezzi la famiglia con la mannaia (come tra l’altro ogni tanto accade).

[forse continua …]

L’orrida invasione_2


Nella mia città all’ordine del giorno ci sarebbe un’orrenda invasione di fottuti storni che a giudicare dalle reazioni degli indignati cittadini di turno causano degrado e rumore molesto. Tutti ne parlano, e ognuno dice la sua. Ai cittadini costernati ricordo che gli storni vanno dove cavolo gli pare in barba alle possibili problematiche acustiche relative al loro stanziamento. Tutto ciò mi porta alla mente il solito arrogante atteggiamento di chi ritenutosi onesto cittadino “pagante delle imposte” si ritiene al di sopra anche degli eventi naturali come migrazioni, maremoti, invasioni di cavallette tralasciando il fatto che fuori dalle dinamiche prettamente urbane c’è tutto un mondo che continua a farsi i cavoli suoi a prescindere dagli stanziamenti umani. Pare che i molesti pennuti abbiano approfittato dello stato di fatiscenza e degrado di un edificio del centro per costruire il loro campo base da cui partono per le loro scorribande. Bene, come dargli torto? In natura tutto si ottimizza per garantire la sopravvivenza della specie che meglio si adatta alle circostanze.