Caldo cinese


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Sabato sera. Un pochino incerti sul da farsi decidemmo dopo un giro nel centro città di imbucare il primo ristorante cinese per affrontare la cena. Sulle prime rimasi un po incerto non tanto per la natura etnica del ristorante quanto sul fatto che in quel posto preciso non ci fossi mai stato. Sono piuttosto scettico nel recarmi in posti che non conosco affatto essendomi ritagliato, almeno nella mia città, una rosa di luoghi appetibili selezionati dopo anni di esperienze. Ma va beh, mi dissi … tanto più o meno i ristoranti cinesi si somigliano tutti, uno vale l’altro.

Optammo quindi per quel luogo ma all’ingresso percepimmo al volo la situazione drammatica che si stava vivendo al suo interno. L’unica sala del ristorante consisteva in un angusto stanzino di 4 metri per 4 con una piccola finestra sul viottolo esterno. Una tenda separava l’ingresso dalla sala quindi appena entrati non ci accorgemmo della natura angusta della stanza. Ci scambiarono subito per qualcuno che aveva prenotato e ci diedero al volo un tavolo accanto ad una coppia di signori che parevano anche loro capitati li per caso.

Una volta seduti capimmo che avremmo dovuto cenare tête-a-tête con gli avventori seduti sul tavolo di fianco al nostro ma se il disagio fosse stato solo per quello sarebbe filato tutto liscio. L’elemento tragico della serata si rilevò invece essere lo sciagurato condizionatore che incombeva sulle nostre teste e che ci avrebbe tenuto compagnia per tutta la cena. All’interno della stanza credo si siano sfiorati i 60 gradi centigradi, tanto che a un certo punto decisi di chiedere alla cameriera di spegnere o quantomeno abbassare cortesemente il riscaldamento che veniva sparato da un tremendo bocchettone a circa 2 metri dalle nostre teste. Con un gesto brillante mi fece cenno di aver capito ma il riscaldamento però continuò a restare acceso.

Nel frattempo ci servirono l’acqua. Già era qualcosa perché con tutto quel calore ci si era seccata la gola tanto che non riuscivamo più a capirci tra di noi mentre parlavano. A qualcuno cominciarono a bruciare gli occhi. All’arrivo del mio pollo alle mandorle decisi di ritentare visto che la cameriera mi si accostò per servirmi il piatto. Dissi di spegnere il riscaldamento perché qualcuno cominciava a avere le visioni, come nel deserto. Mi fece il gesto dell’OK quindi mi tranquillizzai incominciando a mangiare la mia portata.

Portarono la birra ma io decisi di bere solo acqua viste le condizioni vaporifere che stavamo accusando. Evidentemente qualcosa era andato storto con la cameriera. O non ci capivamo o io ero così annebbiato dal calore da non riuscire ad esprimermi. Nel complesso però la tortura si rivelò breve perché tutti mangiarono a velocità della luce lasciando perdere caffé e dolce cercando l’uscita nel più breve tempo possibile. Una volta fuori mi ripromisi che da quel momento in poi … Mai più posti a casaccio!